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Alex Castelli: “Caduti liberi” è l’album d’esordio da solista. L’intervista su MIE.

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di Salvatore Imperio

Si intitola “Caduti liberi”, il nuovo disco di inediti di Alex Castelli, uscito il 20 Gennaio per l’etichetta bergamasca ACR Music, con distribuzione iMusician.


“Caduti liberi” racconta di quanto ci sia bisogno di cadere per rialzarsi e trovare la libertà nella sua pura essenza. Descrivere la riconquista della libertà di intere generazioni attraverso le irrequietezze. L’album parla di argomenti personali e rispecchiano i momenti della vita vissuta quotidianamente da tante persone e da Alex stesso, che ne diviene portavoce.

 

Stanno uccidendo la musica, il primo singolo estratto dall’album

 

L’intervista ad Alex Castelli

Ciao Alex. Benvenuto su MIE. Si può parlare di esordio con la pubblicazione del tuo album da solista?

Ciao! Si, è un esordio come compositore e come cantautore. Ho lavorato parecchio in ambito live oppure in studio per progetti di altri artisti, ma questa è proprio la mia opera prima assoluta.

 

“Caduti liberi” rappresenta una rivincita dell’uomo sulla realtà che tende a farci fallire?

“Caduti liberi” rappresenta la rivincita dell’umano piuttosto che sulla realtà, su se stesso. Le persone temono il cambiamento, lo rifuggono e questo porta a una lotta interiore che normalmente spinge le persone a bloccarsi, a fermarsi nella propria zona comfort.

È una lotta contro se stessi, che porta le persone a implodere: il desiderio di cambiare qualcosa che non va nella propria vita contro la paura di affrontare il cambiamento necessario, che porta a qualcosa di ignoto. 

Non si sa mai cosa può accadere quando si decide di fare una svolta. Scegliere di cambiare è una vera e propria dichiarazione di libertà: scelgo, quindi sono libero, utilizzo il dono più prezioso che mi è stato fatto, il libero arbitro.

Quando utilizzo il libero arbitrio faccio il primo passo verso la libertà. Magari un passo traballante, che mi porta a perdere l’equilibrio e a cadere. Ma dal momento in cui cado e poi mi rialzo ho già acquisito parte della mia libertà. Come per i bambini che muovono i primi passi, cadono, si fanno male, ma poi si rialzano e ripartono avendo acquisito più sicurezza.

 

Come è nato questo album e chi ha ispirato le canzoni di “Caduti liberi”?

“Caduti liberi” nasce in circa 6 mesi di sala di incisione, con tempi piuttosto rilassati. Con i musicisti che hanno lavorato all’album abbiamo fatto le cose con calma, senza fretta, per poterci concentrare sui dettagli.

Ho poche persone che mi hanno ispirato, nel bene o nel male, reali (Irene e Stefania) o immaginarie (Gabriele). Tutte mi hanno lasciato qualcosa di profondo e duraturo nella mia vita.

Caduti liberi su Spotify

C’è tanto della tua vita tra i racconti in canzoni di questo album?

Le canzoni nascono quasi di getto, ogni esperienza vissuta mi porta a scrivere qualcosa, soprattutto se le esperienze mi lasciano segni… solitamente le esperienze meno gradevoli mi spingono a scrivere. 

I momenti più prolifici per chi compone, o scrive, o dipinge sono quelli negativi. Scrivere e comporre musica mi aiuta a interiorizzare quanto accaduto, a esserne consapevole e mi spinge poi a muovermi nella direzione del cambiamento. 

 

Un piccolo grande esempio delle istituzioni del territorio per il tuo album:  il contributo della Camera di Commercio di Bergamo per la diffusione e il supporto agli artisti del territorio bergamasco. Come è nata questa iniziativa?

Ho sempre pensato che stare fermi e lamentarsi della mancanza di opportunità non porti alcun risultato. Spesso, semplicemente informandosi, si possono trovare occasioni per sviluppare i propri progetti, anche quelli musicali.

Tanti fondi necessari per portare avanti i lavori necessari per lo sviluppo del mio album sono arrivati grazie alla partecipazione ad un bando di concorso della Camera di Commercio di Bergamo, vinto grazie al supporto di Confartigianato Bergamo. 

Solitamente sono fondi destinati alle aziende per svilupparsi, per fare marketing, per aumentare il proprio giro di lavoro… in questo caso, in modo creativo ma perfettamente allineato con le regole del bando, questi fondi sono stati utilizzati per sviluppare un progetto musicale… mica male no?

C’è di mezzo il mare, il videoclip ufficiale

Il disco è uscito dopo il tuo singolo di debutto “C’è di mezzo il mare”. Come è nata questa canzone e di cosa parla?

L’album segue il filo conduttore della paura del cambiamento. “C’è di mezzo il mare” è la prima canzone dell’album, non a caso… 

Quando si pensa al cambiamento di qualche aspetto della nostra vita, magari cambiare casa, interrompere una relazione, cambiare lavoro… non appena subentra la paura di affrontare le conseguenze legate a questo cambiamento, la prima reazione è pensare che non sia possibile: tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare. 

Questa è la frase che serve a giustificare il fatto che non vogliamo rischiare, come se fossimo di fronte a un ostacolo impossibile da superare.

Da questa affermazione nasce la canzone. La vita è complessa, non possono esserci aspetti positivi se non ci sono quelli negativi… bisogna viverla e basta, senza continuare a tirarsi indietro.

 

Invece per l’uscita dell’album hai scelto “Stanno uccidendo la musica”. Diciamo che racconti una storia italiana, quella di tanti artisti “emergenti” schiacciati dal nulla. Come è nata e quali esperienze hanno influenzato la stesura di questa canzone?

Questa canzone non è una critica fine a se stessa, non mi ergo a salvatore della musica, non ho i titoli necessari… è frutto di ragionamenti e di varie constatazioni condivise con amici ascoltatori di musica e con altri musicisti.

La musica è qualcosa di vivo, pulsa, ha un cuore che batte. Per uccidere la musica bisogna uccidere sia chi la ascolta sia chi la produce. 

Chi ascolta musica ha due strade da percorrere: ascoltare passivamente quanto viene proposto dai principali canali radio e tv, oppure ricercare ciò che desidera veramente ascoltare, seguendo le proprie inclinazioni, utilizzando i canali di informazione e i canali di streaming online per scegliere gli artisti preferiti. La musica oggi è diventata “liquida”, viene fruita a gocce, ascoltando i singoli e le canzoni estratte da un album. I più giovani ascoltano canzoni da 2 minuti iperconcentrate. 

A logica risulterebbe impensabile far ascoltare loro “Thick as a Brick” dei Jethro Tull (una rock suite da 30 minuti…!!!). Ma negli anni 70 i ragazzini ascoltavano questo tipo di canzoni: Pink Floyd, Area, PFM, ELP e tantissimi altri gruppi creavano la musica che tutti i giorni si ascoltava anche alla radio o alla tv. E’ solo questione di educazione all’ascolto, ma i media mainstream non hanno molti interessi nell’educare… 

Servono consumatori, non ascoltatori.

Se gli ascoltatori sono principalmente passivi, puoi far ascoltare loro tutto ciò che vuoi, imponendo solo i pochi artisti del mainstream. Ma in questo modo ci sono tantissimi artisti che producono musica che vengono potenzialmente uccisi, in quanto non hanno più spazi per farsi ascoltare. 

Penso spesso a Mtv che negli anni 90 lanciò i concerti Unplugged… ma vi immaginate Eric Clapton o i Nirvana sull’MTV attuale? Eppure i ragazzini di allora, li ascoltavano e i videoclip trasmessi erano anche di questi artisti più difficili da ascoltare (Pearl Jam, Alice in Chains, Beastie Boys, Rage against the Machine, Faith No More…).

Alex Castelli su MIE vol.14, la playlist di Febbraio di Musica Italiana Emergente

 

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