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Amleto e Giulietta è il suo nuovo singolo. L’intervista a Frankspara.

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Salvatore Imperio
di Salvatore Imperio

Frankspara, nome d’arte di Franscesco Viani, che sicuramente disorienta rispetto alle sue canzoni che ho potuto ascoltare tra cui c’è sicuramente l’ultima creatura “Amleto e Giulietta”.

Infatti nelle canzoni di Frankspara c’è tutto, poetica, ritmo, sound e voglia di sperimentare.

“Amleto e Giulietta” è una canzone che ci riporta agli anni in cui la musica indipendente emergeva davvero e lasciava il segno soprattutto “piegando” i media tradizionali che, forse, avevano ancora il gusto di far ascoltare novità.

Sia “Amleto e Giulietta” che tutte le altre produzioni di Viani sono più che degne di nota per piacevolezza, per le musiche incalzanti e i testi ben costruiti e che soprattutto hanno un senso logico.

 

Amleto e Giulietta, il videoclip ufficiale

 

L’intervista

Francesco, benvenuto su Musica Italiana Emergente. “Amleto e Giulietta” mi ha sicuramente riportato agli anni in cui la canzone di qualità si diffondeva tra la gente che era alla continua ricerca di novità. Oggi è sempre più difficile. Come hai vissuto i mutamenti nell’ascoltare musica nonostante la possibilità di accesso a tutti che viviamo con il web e con i digital store?

Inizialmente non benissimo, sono cresciuto che la musica spesso si conosceva con le cassette che ti prestavano gli amici o con gli ascolti nei negozi di dischi. Ma il punto non era tanto il modo in cui si trasmetteva ma il modo in cui si ascoltava. 

C’era il tempo per farlo, o meglio ci si prendeva il tempo, quasi con sacralità per ascoltare e lasciarsi ispirare. Oggi sembra quasi materialmente impossibile riuscire ad avere un approccio organico verso un artista, addirittura assistiamo alla perdita di distinzione tra ascoltatore e produttore musicale. 

Le playlist, ad esempio, stanno massacrando la creatività. Non credo di dire nulla di nuovo nel constatare che questa è semplicemente la conseguenza di un mondo in cui tutta la comunicazione è diventata spesso autoreferenziale e sterile. La cultura ha perso quella spinta trasgressiva che porta a crescere e determinare valori fondamentali.

Tuttavia con un po’ di educazione e sano confronto accedere ad un vastissimo repertorio può essere senz’altro una buona opportunità.

 

In “Amleto e Giulietta” ho ritrovato sonorità musicali e vocali che mi riportano a gente che ha fatto la storia della musica underground italiana, vedi Bluvertigo & co. Quali sono, per te, gli artisti che da quello che una volta era definito underground italiano potranno lasciare il segno e influenzare la musica italiana di domani, escludendo ovviamente i generi di tendenza che sembrano prodotti fatti a tavolino?

Interessante domanda, non credo di essere la persona adatta a rispondere.

Per quel che vedo io ci sono molti artisti nati insieme a me nell’underground che si sono affermati su una scala di pubblico più vasta ma non penso lasceranno alcun segno sulla musica di domani semplicemente perché figli di un’epoca che non ha futuro, in quanto priva di storicità. 

Tutto è così rapido e uguale che crea un’illusione di staticità. Come i raggi di una ruota veloce che sembrano fermi. 

Ma sono convinto che il futuro sarà degli strumenti acustici e di chi li saprà suonare.

 

Da “Amleto e Giulietta”, ho poi avuto la curiosità di ascoltare “Per proteggerti dal mostro” e anche qui ho trovato una sensazione di piacevolezza che di rado raggiungo con la musica indipendente di oggi. Ho notato soprattutto una bellissima costruzione negli arrangiamenti e nei testi. Come sono nate canzoni come “Africa” (singolo del 2015) e “Una giornata particolare”?

Ti ringrazio per la piacevolezza! 

“Africa” è nata nel traffico, ero in moto che mi districavo tra le automobili e mi ha attraversato l’idea di questo brano sul quotidiano apocalittico. È una di quelle circostanze in cui è la canzone a trovare te. Fu pure un’occasione, ai tempi, di tornare a registrare con i miei amici Pit e Renna.

Per quanto riguarda “Una giornata particolare” la storia è un po’ diversa. C’è qualcosa di molto biografico e autobiografico in quel brano. Nasce in un momento spartiacque della mia vita e un po’ come tutto quel disco (Per proteggerti dal mostro) rappresenta l’unicità dell’esistenza, anche nel suo ripetersi e logorarsi attraverso gli schemi sociali e gli obblighi del lavoro. Così che la giornata più tetra ed inutile possa essere percepita come particolare. Questa visione è sottolineata nel brano nell’arrangiamento del basso.

 

Il singolo su Amazon Music

 

 

Tra tutte le tue produzioni di cui è possibile usufruire sui digital store, quali sono le tre canzoni che sceglieresti per introdurre gli ascoltatori di musica nel mondo di Frankspara?

È una scelta complicata perché ogni brano è attraversato da una grande parte della mia anima che non ha certo un solo corpo. Dando tre titoli per simpatia direi “L’inaccessibile”, “Ma” e “Per proteggerti dal mostro”.

 

Confrontando i digital store con la tua biografia ho notato che non tutte le tue produzioni sono su Spotify & co. Come potrebbero ascoltare le tue canzoni? Hai in mente di distribuire i tuoi pezzi, inediti per i digital, a chi ne farà richiesta?

Sì, se non mi ricredo sarà online tutto. Anche se anticipo che la versione digitale sarà un po’ diversa. Ed è giusto così, il disco resta oggetto del suo tempo e chi ce l’ha è fortunato, chi non ce l’ha può chiedermelo.

 

Torniamo ad “Amleto e Giulietta”. Questa canzone è accompagnata dal videoclip ufficiale. Quanto è importante per te, oggi, dare un’immagine ai versi delle tue canzoni?

È importante nella misura in cui do una rappresentazione di me o di qualunque altra cosa o persona voglia far apparire in video. Ma francamente dare immagine ad una canzone può sottrarre qualcosa all’ascolto e spesso in un brano non ci sono solo voce e parole.

 

Quello che ho percepito dalle tue canzoni è una fermezza di stile che mostra un carattere artistico ben definito. A che posto collochi la sperimentazione nella musica di Frankspara e come reputi, sempre che esista, la sperimentazione nella musica di oggi?

Ogni momento creativo è una sperimentazione del proprio spirito. Su un livello più formale l’unica sperimentazione che mi attribuisco è nel modo di registrare e produrre. Spesso volutamente istantaneo e con scelte controcorrente rispetto alla prassi. 

Questa direzione non vuole essere casuale ma ha l’intento di creare un sound il più possibile personale e sincero, come se tutto l’impianto tecnico fosse semplicemente un’estensione del musicista. Avendo la fortuna di saper suonare più strumenti per me me è come un unico canto corale che cerco di fare fluire il meglio possibile. 

Per il resto il senso di superamento lo cerco nelle parole, troppo importanti per essere trascurate.

Nella musica di oggi la sperimentazione a volte è davvero sorprendente. Quella che mi colpisce di più è quando riesce ad inventare nuovi linguaggi risultando naturale e spontanea. Un bell’esempio potrebbe essere la microtonalitá di Jacob Collier…

 

Frankspara su MIE Vol.22.

 

 

Quali sono artisti conosciuti o meno che hanno influenzato il tuo percorso e che percepisci nelle canzoni che produci e diffondi oggi?

Sono molto grato a Paul Simon, ai Beatles, a James Taylor e John Deacon. Il loro ascolto è stata la più bella scuola. 

Aggiungo il grande Lèo Ferrè che secondo me è di un altro pianeta. Ce ne sarebbero tanti altri, non solo musicali che hanno un ruolo importante nella mia immaginazione ma è inutile elencarli giacché la bellezza esiste oltre il proprio creatore. 

Il più influente però rimane Andrea Antonino, come dicevo all’inizio dell’intervista, parte tutto da lì, dall’amicizia che veicola la passione.

Grazie a Frankspara. Un grande in bocca al lupo.

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