DIANA: quel sapore di nebbia di provincia.
Di sicuro ci troviamo tra le braccia di uno shoegaze digitale e quel sognante sapore domenicale di provincia abitudinaria.
Lei è ROBERTA ARENA che in arte nasce e si presenta con il nome di DIANA. Un disco davvero interessante che noi di M.I.E. non possiamo lasciarci scappare. Confessioni di donna, tra mitologie terrene e qualcosa di sognante. Vita vissuta con quel drumming dritto e penetrante e quelle chitarre che pescano direttamente dalla didattica del genere.
Eppure tanta Francia in questo lavoro italiano dal titolo “And You Can’t Build The Night” pubblicato da MANITA DISCHI che si colora di una delicatezza femminile di dettaglio e di intimità. Di seguito il video ufficiale.
L’intervista a DIANA
Esordio per Diana. Esordio discografico decisamente dal gusto internazionale. Cosa significa esordire per te?
Esordire nel mio caso significa tirare fuori quello che ho “tenuto nascosto” in questi anni. Significa aprirmi senza vergogna al mondo musicale, essere pronta a mettermi in gioco. Non è facile e molti possono confermartelo perchè quando componi qualcosa sei così attaccato a questa creatura che hai paura di rivelarla agli altri, per timore che non la comprendano e per il rischio di farsi male.
In realtà ho scoperto che la voglia di condividere la mia musica era diventata più forte della paura e quindi ho deciso di fare sentire un po’ di me alla gente.
Si deve essere pronti a tirare fuori se stessi e a rischiare, prima non riuscivo a farlo, adesso sì.
“C’è chi segue la moda e chi invece cerca di inventare e se ne frega”
Oggi la musica viaggia inevitabilmente dentro compartimenti stagni con il rischio di far cadere in ombra progetti come il tuo, come quello di tanti altri. Insomma, se non sei main stream non sei nessuno. Finché non è la televisione a dirlo, non sarai mai un’artista. Come la vedi?
Ci sono tante tipologie di artisti. Quelli che fanno musica perché vogliono arrivare, strizzano l’occhio a ciò che va per la maggiore e inseguono questa linea in tutto e per tutto. C’è chi si è ritrovato lì perché invece si riconosceva in quel sentimento e gli è andata bene!
C’è chi cerca di “inventare” qualcosa e se ne frega. C’è chi segue se stesso, a prescindere dalle mode e dai tempi. C’è chi fa musica per non morire e altri che lo fanno per passatempo! Non dirò cosa è giusto o cosa è sbagliato perché non credo sia giusto puntare il dito sugli altri.
Credo però che la sincerità in un progetto sia tutto, e che questo salti all’occhio. Per cui puoi essere qualsiasi cosa ma se non sei “credibile” secondo me non arriverai lontano.
Un disco internazionale dicevamo. Dove nasce l’ispirazione e la voglia di sperimentare in questo modo?
Le mie canzoni nascono spesso in maniera naturale. Credo di essere una persona molto aperta e per questo assorbo come una spugna qualsiasi cosa mi accada intorno. Mi piace viaggiare, fisicamente e mentalmente, mi reputo una persona curiosa, ed il tempo non mi basta mai.
Il mio processo artistico prevede diverse fasi, quello della “lettura” del mondo circostante (che può essere un immaginario, una storia, un sentimento), una mia personale elaborazione (che come nei sogni ha una giusta quantità di inconscio) e stesura di quanto “elaborato”. Sì, detto così sembra molto tecnico ma in realtà di tecnico ha ben poco!
Da Bjork ai Gotan Project..
Ispirazioni forti? Da Bjork ai Gotan Project passando per… ?
Che bei nomi che mia hai detto, raramente mi hanno citato i Gotan Project, che adoro! Non credo di ispirarmi a qualcuno in particolare, ma non lo dico per “tirarmela”, anzi! Come dicevo prima, secondo me le mie composizioni nascono da ascolti vari rielaborati a mio modo e mischiati alla percezione del mondo.
Ovviamente i miei gusti si avvicinano al dream pop, all’elettronica, ma strizzano molto anche l’occhio ad un certo pop, forse anche per colpa dei miei ascolti giovanili! Posso citarti i Beach House, The XX, Cat Power, PJ Harvey e tantissimi altri artisti.
A chiudere Diana dal vivo: che vita vive, che spettacolo porti?
Diana dal vivo spesso si sdoppia in un duo. Accanto a me Sonja Burgì che si occupa di synth, clip e voci. La motivazione è nella maggior parte dei casi quella logistica.
Pochi giorni fa ho fatto il concerto di presentazione del disco ai Candelai di Palermo, e ho voluto affiancare a me un’intera band e ovviamente la cosa non mi è dispiaciuta per niente. Anzi, mi piacerebbe suonare sempre così, ma dove non è possible la soluzione migliore rimane il duo.
La redazione di MIE