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Dopo tre anni Radio Rai 2 ha sospeso la trasmissione "RaiTunes"

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Alessio Bertallot: “Chiudono RaiTunes? E io il programma lo faccio da casa”

Dopo tre anni Radio Rai 2 ha sospeso la trasmissione che metteva in comunicazione frequenze, web, musicisti, scrittori, designer e ascoltatori. Ma il conduttore non si rassegna e risponde con “Casa Bertallot”, una diretta online che va in onda il lunedì sera.

“NON HO VOLUTAMENTE parlato con nessun giornalista del caso RaiTunes. L’amarezza è ancora forte, ma mi sono imposto di guardare avanti. E con voi vorrei parlare soprattutto di quanto sta accadendo e quanto, spero, accadrà. Ma vedo un’alba in questa notte italiana”.

“A metà settembre, a pochi giorni dal ritorno su Radio Rai 2, il direttore Flavio Mucciante ha deciso la “sospensione” di RaiTunes, programma innovativo e premiato condotto da Alessio Bertallot, che a Repubblica spiega come sarà il futuro della (sua) radio. Intanto, per spiegare l’essenza di RaiTunes, programma multimediale (fra radio, televisione e web) e multimodale (tra generi e culture con la musica), ecco un montaggio dai migliori materiali con cui il programma ha realizzato le sue prerogative.”

Alessio Bertallot rompe così il silenzio che si è imposto da quando, era metà settembre, il direttore di Radio Rai 2, Flavio Mucciante, ha comunicato in conferenza stampa la chiusura di uno dei programmi quanto meno più innovativi del suo palinsesto. Decisione caduta, ad appena cinque giorni dal ritorno in trasmissione, sulla testa di Bertallot e della sua squadra: Stefania Garibaldi, Fabrizia Brunati, Marco Ligabue e Franky B, premiato al Mei quale dj e produttore italiano dell’anno. Erano tutti confermati.

Repubblica.it si spinse fino a Londra per documentare RaiTunes e la sua originalità. Che non si esauriva in scelte musicali di qualità, privilegiando jazz, elettronica, ambient e il deejaying più creativo e sperimentale. In onda per tre anni, dal lunedì al venerdì dalle 22,40 alle 24, la forza di RaiTunes arrivava da una finestra aperta sul web, attraverso la quale piombavano in studio, in diretta, musicisti, artisti, scrittori, writer e designer, pronti a misurarsi con la musica in performance improvvisate e prove d’ispirazione. Della finestra approfittavano anche gli ascoltatori, che interagivano contribuendo alla costruzione della scaletta postando i loro suggerimenti sul profilo Facebook di Bertallot. Ma è un altro il contributo dell’alto gradimento riscontrato da RaiTunes: smontare l’assunto che vuole la qualità impopolare.
Passato dallo stupore alla rabbia, nei giorni successivi alla chiusura del programma, il pubblico di RaiTunes ha subissato il “Diario di Radio 2” di proteste e critiche. Inducendo il direttore Mucciante a motivare nei dettagli la “sospensione” con “risultati sperati non raggiunti”, per “un successo forte sui social network ma non in termini di ascolto rispetto ad altri programmi”.
“RaiTunes è un programma che richiede grandi investimenti – aveva spiegato Mucciante – ma ha ascolti che sono sotto la media della rete. In riferimento ai tempi dei cambiamenti di palinsesto, un altro elemento di valutazione, sono stati i dati Eurisko Radio monitor del secondo trimestre 2013, ricevuti alla fine di luglio con l’elaborazione dell’ascolto dei quarti d’ora. Lo share medio della rete è, dal lunedì al venerdì, del 5 per cento, quello di RaiTunes del 2,8. Per quanto riguarda il numero di ascoltatori: circa 46 mila di media per RaiTunes. Il podcast: in una settimana tipo Radio2 segna oltre 600mila download, RaiTunes circa 20mila (con il programma diviso in tre files), Urban suite circa 3mila”.
Alessio Bertallot vorrebbe parlare di contenuti e non di numeri, ma di fronte a simili argomentazioni sente che “una puntualizzazione è dovuta”. “Parlando di valori assoluti, dai dati ufficiali che ho, vedo che RaiTunes mantiene lo stesso ascolto che aveva Radio 2 in quella fascia oraria nel 2007-2008. Ma negli anni successivi la radio ha perso molti ascoltatori, in media. Quindi RaiTunes ne ha recuperati. E in ogni caso è in linea con gli altri programmi serali”.
Quanto al podcast, “ho i dati inviati dalla Rai: a gennaio-febbraio, per esempio, i podcast di RaiTunes sono fra i primi dieci di tutti i podcast scaricati di Radio 2. Non male per un programma che ha una minima parte del pubblico dei programmi diurni. Ad aprile siamo addirittura fra i primi 9 della classifica di tutti i podcast di programmi musicali su iTunes, che è il grande, unico distributore. Ma siamo stati anche primi assoluti in Italia”.
Dopo l’analisi, Bertallot cambia prospettiva. “Anche se non ci fossero stati i risultati, io credo che i programmi che conducono una battaglia difficile, quella di conciliare l’intrattenimento e la cultura, e nel caso di RaiTunes, anche i media, vadano comunque difesi. Lo ha detto il direttore generale Gubitosi proprio su Repubblica: ‘Se riusciremo a fare programmi di qualità, non mi preoccuperò tanto di perdere ascolti. Certo è che dobbiamo abbandonare la strada di una certa produzione trash e riprendere quella della tradizione culturale, a partire dal teatro'”.
“Per RaiTunes ho inventato format rivoluzionari”, racconta Alessio. “Con i miei collaboratori abbiamo realizzato un prototipo crossmediale moderno: su RaiTunes sono state scritte tesi universitarie, sono stato convocato nelle più grandi conferenze internazionali sulla radiofonia, il programma ha ricevuto premi, infiniti articoli, versioni televisive. Ha contribuito a svecchiare l’immagine di Radio 2 e a consolidarne la web-credibility trattando contenuti alti e soprattutto rispettando le prerogative di una radio pubblica, come la BBC: edutainment e interazione col web”.

Un tesoro negli archivi Rai. Bertallot riflette anche sulla traccia lasciata da RaiTunes nelle teche Rai. “Negli archivi resteranno video e audio che faranno storia: Bollani che improvvisa sull’elettronica, Baricco che legge Melville sulla drum’n’bass, musicisti internazionali che si riuniscono a suonare intorno alla voce di Michael Jackson o Marvin Gaye. Idee definite dai musicisti  stessi ‘uniche al mondo’. Sono video che mi vengono chiesti per realizzare documentari sulla storia della musica. Laddove non è arrivata la Rai con i suoi mezzi, ho supplito io, e la generosità dei miei collaboratori”.

“Che esistano ragioni editoriali per chiudere un programma, è legittimo”, osserva il conduttore. “Così per le ragioni economiche. Ma RaiTunes costava quello che ha deciso la Rai, è stato confermato a maggio, ribadito ai primi di settembre e, a cinque giorni dalla messa in onda, chiuso inspiegabilmente dopo poche ore che mi era stato comunicato un contratto modificato in maniera unilaterale e vessatoria. A palinsesti delle altre radio già chiusi. Togliendo il lavoro anche a quattro collaboratori”.
La risposta è Casa Bertallot. Se questo è lo “stile istituzionale”, Bertallot non ci sta. E racconta del suo nuovo progetto. “Si chiama Casa Bertallot, è una radio dalla sala di casa mia, dove tengo i dischi. È una diretta online tramite Spreaker, una piattaforma di streaming italiana (Casa Bertallot: la puntata del 23 settembre). Ogni lunedì, alle 21,30, pubblico un post sulla mia pagina FB che conduce all’ascolto. Con solo tre puntate contiamo già quasi 20mila ascoltatori. È come RaiTunes, ma in totale indipendenza: sono autore, produttore e distributore al tempo stesso”.
“Ma è solo l’inizio”, anticipa Alessio, la cui calma voce, per una volta, fatica a controllare l’eccitazione. “Ho un’idea rivoluzionaria e crossmediale. Chiamerò i miei ascoltatori, che in questi giorni mi hanno dimostrato un affetto incredibile, a sostenerla attraverso un’altra realtà ialiana, MusicRaiser, una piattaforma di crowdfunding. Li porterò nel futuro. È arrivato forse il momento di supplire a una richiesta di contenuti non più assolta dai sistemi di comunicazione storici. Il mondo sta cambiando e i media tradizionali diventano tradizionalisti. Riprendiamoci la Radio”.

di 

fonte: repubblica.it

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