FABIO CINTI è il miglior interprete alla TARGA TENCO. Ecco il suo “LA VOCE DEL PADRONE – un adattamento gentile”
Nel 1981 Franco Battiato aveva trentasei anni, Giusto Pio cinquantacinque. Affrontano quindi la produzione
di uno degli album più importanti della storia della musica leggera – italiana e non solo – con una maturità
e un bagaglio culturale e professionale non indifferenti. E questo, sezionando La voce del padrone per
studiarlo ai fini di questo adattamento gentile, si sente.
Ognuna delle sette canzoni è un concentrato di capacità di scrittura e di arrangiamento, la meta di un
affinamento che è maturato nel corso della produzione dei dieci album precedenti (senza contare le canzoni
degli esordi). L’assoluta novità del linguaggio dei testi e le relazioni tra melodia, armonia e ritmo, trovano
finalmente una compiutezza formale nella totalità dell’album che lo renderà un riferimento costante e
importante non solo nella produzione futura di Battiato stesso, ma di gran parte del cantautorato pop e
meno pop.
La voce del padrone è una scuola, una grammatica assoluta le cui regole sono perfettamente riconoscibili
quando applicate alla composizione o all’arrangiamento di un brano.
Attorno al motore quasi sempre pulsante della sezione ritmica e alle ormai famosissime melodie, sono
architettati in modo molto sapiente gli arrangiamenti di archi, di sintetizzatori, di chitarre e cori.
Ed è proprio da questi ultimi che ho deciso di partire per realizzare il mio adattamento, senza rinunciare
però neanche alle figure ritmiche della batteria o alle celebri sequenze.
Attraverso un ascolto specifico, una sorta di ricerca, ho trovato quella che dal mio punto di vista è la chiave
che apre alla tipica percezione emotiva che si ha quando si ascolta questo album: i contrappunti che
alcuni sintetizzatori tessono attorno alla voce, le melodie che si sviluppano sotto i temi, l’interpretazione
precisa del cantato su alcune poliritmie, le armonizzazioni, le strutture stesse delle canzoni che spesso, pur
completamente al servizio della lunghezza del verso e quindi asimmetriche, risultano di facile comprensione.
Assegnando queste parti ai sei strumenti che ho scelto per l’adattamento – il quartetto d’archi, il pianoforte
e la voce -, distribuendo i timbri e cercando di riprodurre quella tipica sensazione ritmica anche in assenza
di strumenti che la marcano, risaltano melodie sorprendenti che nelle versioni originali sono al servizio di
quell’emotività di cui parlavo e che qui, invece, di tanto in tanto, hanno un posto di maggior rilievo.
Non ho mai avuto nessun interesse nell’eseguire una versione o produrre una cover, di questo album – né di
nessun altro album di Battiato -, perché affronto quelle composizioni come si trattasse di musica classica:
si possono e si devono eseguire le parti, anche con altri strumenti, senza modificarne la scrittura. Questa è
la scelta che ho fatto e da qui le regole che mi sono imposto.
Infine, ho affidato la realizzazione della copertina e del progetto grafico a Lorenzo Palmeri che, in merito,
dice: «Lavorare alla copertina de La Voce del Padrone, per altro una delle mie copertine preferite di sempre
e ovunque, è ad un tempo un onore e una sfida impossibile.
L’impianto grafico di Francesco Messina, la bellissima foto di Roberto Masotti sono per me inscindibili dal
contenuto del disco che ha cambiato il corso della musica italiana.
Ho fatto un timido tentativo di ripensarla da capo, ma ogni via risultava al mio sguardo inadeguata, fuori
posto, quasi blasfema, sbagliata.
Da questi pensieri è scaturita l’idea della citazione linguistica, di un omaggio all’eccellenza giocato
ironicamente sulla scomposizione, sulla presenza e sull’assenza, sullo spostamento, cercando di rispettare
e rinnovare la volontà di sorpresa, il piccolo shock che toccò il cuore degli italiani. Come recita il sottotitolo
del disco, “un adattamento gentile”.»
Il Maestro Franco Battiato ha tracciato un arco indelebile, quasi visibile, che parte dal feto sulla copertina di
Fetus e arriva allo spavento dell’attraversamento del Bardo, dove si apprestano a liberarsi le nostre anime.
La voce del padrone, per vicinanza temporale tra la mia età di oggi e la sua di allora e per una curiosa
coincidenza numerica (’81 – ’18) è l’album che segna anche la mia esistenza in quell’arco.
Fabio Cinti