Gatteo Mare, il kit kat e l'ayahuasca. Insomma Claudio Cavallaro racconta di se e dei Gran Turismo
Ma ovviamente di Claudio Cavallaro, il frontman capellone dalla voce bassa dei Granturismo, nome che detesta ma che ormai ha accettato.
Mi presento all’appuntamento, un due marzo epico e di Grande Bellezza, in un ristorante a ridosso del porto canale di Cervia. Ho la febbre e tira vento. Questa è la cronaca/intervista di quella domenica pomeriggio.
Sei nato a Gatteo Mare, provincia marittima romagnola.
Il Bronx romagnolo! Un posto popolato da bagnini e albergatori.
L’unica cosa bella di Gatteo Mare è esserci andato via.
A Cervia lo conoscono tutti per via delle sue serate da Dj. La conversazione si sposta sulla televisione, sulla crisi economica, e sul difficile momento storico che stiamo attraversando. Tutti discorsi da domenica pomeriggio. Dopo aver fatto, a vuoto, il figo-esperto televisivo, affermo banalmente: “Penso sia stato il Grande fratello a far ammalare i programmi e questo paese”.
Beh certo, il Grande Fratello ha contribuito a spianare la strada al degrado.
Sanno tutto quello che facciamo, dove andiamo, siamo schiavi, abbiamo catene e palle al piede invisibili. Noi abbiamo accettato questo stato e ora siamo addirittura grati di regalare la nostra privacy al mondo intero. Vent’anni fa chi ci poteva credere?!
Hai mai fatto caso che le iniziali di Facebook (FB) e Instagram (I) portano alla parola FBI?
Per me non è un caso. Siamo delle vacche all’ingrasso.
Non c’avevo mai fatto caso. Ma non è molto rassicurante. Intanto arrivano gli arachidi e il vino.
Ora si fotografa il cibo prima di mangiarlo.
Lo trovo di una volgarità estrema il cibo fotografato. Anche tante menti brillanti lo fanno, un mistero! Ormai c’è tutto su Facebook, la gente è schizofrenica e condivide tutto. C’è qualcosa ancora di “non condivisibile” sul web? Proviamo a fare qualche esempio.
Non saprei. Dio da migliaia di anni non si fa trovare, è invisibile, come molti eroi della Marvel. L’invisibilità era un grande potere che ormai è scomparso.
Tutto vero. (E ascolto attentissimo mangiando continuamente arachidi, mentre la febbre sale e la conversazione prosegue).
Con un avvocato di New York pochi giorni fa parlavo del mio viaggio in Brasile e dell’esperienza con l’ayahuasca.
Oddio, cos’è?!
L’ayahuasca è una bevanda curativa, allucinogena, un decotto dal sapore amarissimo, sembra vino misto merda. Viene prodotta mischiando una specifica liana con delle foglie della foresta amazzonica
Dentro c’è una sostanza, la DMT, che anche il nostro cervello produce, in tre momenti: quando nasciamo, quando sogniamo e quando moriamo. Una sostanza che ci accompagna nel distacco tra corpo e spirito. Usata da migliaia di anni dagli indios. La sua creazione è stata un miracolo! Tra tutte le piante delle foresta amazzonica, che è immensa, hanno trovato proprio quella liana e quella foglia lì e le hanno sintetizzate.
I miei occhi sono sgranati, mentre mangio un altro arachide e penso a un viaggio con l’ayahuasca
Un gran bel viaggio. Non mi rendo ancora conto di quello che ho visto. Se tutti gli esseri umani la provassero, il mondo sarebbe un posto molto più vivibile. Molti psicoterapeuti e oncologi ne stanno studiando i principi e molti credono nella sua forza positiva. Erano anni che ne leggevo e dovrei trovare il modo di farla qua in Italia.
Tra me e me penso a Giovanardi che pronuncia la parola ayahuasca.
Come sei finito in Brasile?
Sono partito da solo. Una partenza rabbiosa dopo la fine di una relazione burrascosa. Non so perché ho scelto il Brasile e nella mia lista personale di posti da visitare c’era tutt’altro. Comunque non è un caso che io ci sia finito.
Musicalmente che aria si respira? Cos’hai visto?
Un sacco di musicisti fantastici che suonano con una libertà e una gioia di vivere che mi era completamente inedita. Ho visto gente suonare in un mercato ortofrutticolo occupato un venerdì sera, dodici persone, ragazzi e ragazze con una libertà d’azione unica. Mi piacerebbe poter registrare qualcosa là.
E suonare qua com’è?
Una corsa in salita in bici con i freni tirati. Lo fai perché hai la chiamata.
E intanto dalla vetrata del ristorante vediamo passare un uomo anziano, probabilmente un clochard con delle scarpe enormi. Forse lo vediamo solo noi. Dicevamo?
Ho la chiamata e vado! Mi sto solo indebitando con quello che sto facendo. Ogni tanto devo suonare.
E cosa ti aspetti da Live&More?
Che ci sia qualcuno a vederci (risata fragorosa). Non mi faccio tante aspettative. Io suono sempre come fosse l’ultima volta.
Perché si inizia a suonare?
Perché sei un fan dei dischi e vuoi far parte di quel mondo. La prima volta che ascoltai a 11 anni Live in Stockholm dei Doors del 1968 e mio cugino mi fece sentire Doolittle dei Pixies esclamai “C’è vita su questo pianeta!”. Ero un bambino timido, bloccato, e quella musica mi ha dato speranza. Sono completamento sconnesso dalla realtà, la musica occupa il 70% della mia realtà e se mi togli quello rimarrebbe poco di me. Ecco perché suono.
La sensibilità musicale da dove arriva?
In casa mia si ascoltava davvero poca musica. I miei genitori sono le persone meno musicali che io conosca. Mia mamma ha una sola passione insana per Baglioni e mi chiamo Claudio proprio a causa sua.
Forse proprio il fatto che non ci fosse musica in casa mia ha generato tutto questo. Si è creata un’attrazione enorme.
I tuoi amici a Gatteo non te l’hanno trasmessa?
A Gatteo non c’era modo, i ragazzini della mia età avevano la sola ambizione di montare marmitte Malossi negli scooter e picchiare i tedeschi d’estate. Da quando ero bambino c’è stata musica nella mia testa. Improvvisavo canzoni per i miei compagni dell’asilo. Mi ricordo mio nonno Arnaldo che tornava a casa e diceva: “…e adesso Claudio cantami una delle tue canzoni!” e mi porgeva l’accendino come un microfono. Lui faceva il presentatore e io cantavo. Il premio era il Kit Kat infilato nel suo giubbotto di pelle puzzolente.
Per uno di Gatteo qual è il centro del mondo da adolescente?
Cesena. Quando mi chiamarono a suonare al Vidia mi sembrava di andare a Wembley!
Adesso stai già lavorando ad altro?
Sto registrando un sacco di roba nuova e non so come unirla, dovrei fare ordine. E poi scrivo con Moder dei Lato Oscuro della Costa, e nel frattempo anche nuove canzoni psichedeliche per i Granturismo, e parallelamente sto registrando molte basi piuttosto funk. A maggio entrerò in studio coi Cosmetic: mi hanno chiamato in veste di loro produttore artistico, una sfida vera per me!
Come lavorate voi Granturismo?
Io scrivo tutto, i testi, la musica. Porto il materiale in studio e i musicisti cominciano a farne parte. Iniziamo e in un mese cerchiamo di chiudere. Siamo molto “cotto e mangiato”.
I dischi che salvi ultimamente?
Oggi ascolto gli Shabbaz Palaces (Gruppo Hip Hop di base a Seattle, Nds)
Grazie agli Shabbaz Palaces (dai come fate a non conoscerli??!!), finiamo a parlare di rap balcanico, turbo folk, Ceca e Arkan, una mia fissazione da qualche anno. Finiamo sull’Ucraina e saltano fuori Ennio Flaiano e la politica.
L’italiano è una zecca, sopravvive a tutto. Ci divertiamo a tirare a campare ma tra poco, per via di questa situazione di stallo, dovremo spremere per forza la nostra creatività. Saremo costretti. Ne vedremo delle belle.
Ti reputi un intellettuale?
No, assolutamente. È una parola che mi fa schifo, quasi come artista. Una parola tremenda. Parlando con i cosiddetti “intellettuali”, prostituisco la mia mente, la sola parola mi fa pensare a un uomo con il loden e un bocchino. Terribile.
Su Facebook sei attivo e molto seguito, dove scrivi post esistenziali. Me ne ricordo uno dove ti sei scagliato contro il book talent Masterpiece di Raitre.
Sì, davvero! Orribile. La prima puntata andò in onda lo stesso giorno in cui chiusero la libreria Librincontro, dove avevo anche lavorato per 8 anni. Che triste coincidenza. Ma come può uno scrittore famoso scagliarsi contro la gente che scrive. Giudicare “questo è bello, questo è brutto” ma secondo quale criterio? Scrivere è una cosa intima, che richiede tempi, anche biblici.
È un momento davvero drammatico. (La tachipirina comincia a fare effetto, sto una meraviglia!)
Ma io mi immagino i genitori che portano i propri figli alle audizioni dei Talent. E magari c’è un cocainomane del ca##o che dice: “No, non vai bene, di cantanti come te non ne abbiamo bisogno!” ma non esiste. Con questo sistema qui neanche Iannacci e Neil Young oggi potrebbero esibirsi. La gente deve stare in cantina a suonare e cercare il suo suono. Stanno bloccando il flusso naturale artistico. T’immagini Joe Strummer che fa delle audizioni davanti alla Ventura?
Esiste la musica chiamata volgarmente alternativa?
Si parla tanto di eroi dell’indie ma non esistono. Non c’è più niente di “alternativo”. Una volta avevano un senso, era la musica parallela alla merda che girava in radio. Adesso l’alternativo sogna di andare a Sanremo.
I vostri video semi-statici dell’ultimo disco sono geniali. Come ti è venuto in mente? Volevi risparmiare?
No. Mi è venuto in mente ascoltando canzoni su youtube, quei video con solo la copertina del disco. Ho voluto aggiungere il contatto umano, l’elemento vivo “Ti schiaccio io play”. E poi il Grande Fratello ormai ci ha abituati a vedere gente seduta immobile su un divano a non fare nulla.
Bello il concept artistico dell’album, grafica perfetta.
La copertina tropicale viene da una carta da parati che avevo io in casa.
Quanta musica compri?
Tanta! Potrei avere una Maserati oggi con tutti soldi che ho speso in musica, non saprei cosa farmene però.
Dopo1 kg di arachidi, un bicchiere di vino, uno d’acqua e una tachipirina da 1000gr torno a Milano pensando a Joe Strummer (Rip) che fa un’audizione davanti alla Ventura.
La mattina mi sveglio con 39 di febbre e un Oscar in più in Italia.
In concerto per la prima volta a Live&More il 29 marzo: i Granturismo!
Da non perdere.
Giovanni Bagnari