Il nuovo esordio di SILVIA CONTI.
Sanremo 1985. Non fu un grande successo per Silvia Conti e per la sua “Luna Nuova” che di li a poco lascio i riflettori della scena. Ma l’anima dei fiori e le giuste vibrazioni da cantautrice e musicista non sono mai mancate. Sono passati tanti anni in sordina o comunque senza notevoli punti fermi a cui riferirsi.
Oggi la svolta: esce un disco davvero interessante dal titolo “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” per la RadiciMusic Records, un lavoro magistrale di parole e musica confezionate con quella sensibilità di donna e cantautrice.
Un suono moderno ma una scrittura che per alcuni tratti sembra attingere ad uno scenario hippie anni ’60… non a caso forse troviamo due grandi omaggi in questo disco: una sua personale traduzione in italiano di “Dancing barefoot” di Patti Smith e una corale e scanzonata e acustica e conviviale versione di “All together now” dei Beatles. Canzone d’autore che un po’ si fa pop e un po’ cerca il particolare per aver peso poetico. Anima d’artista… si aprono i giochi con “Mi minore dalla Leti” ed è tutto dire.
L’intervista a Silvia Conti
In qualche misura possiamo dire che questo tuo nuovo disco è un “nuovo esordio”?
In misura totale. Prima di tutto perché è il mio primo lavoro discografico in veste di cantautrice e poi, ma non per questo meno importante, è un vero e proprio ritorno alla vita.
Com’è stato tornare ufficialmente sulla scena musicale?
In realtà non me ne sono mai andata quindi non so risponderti in modo esauriente. Però ho tirato un respiro di sollievo quando, dopo anni di collaborazioni, ho potuto dire: “Hey, ci sono anch’io!”. Di certo l’Italia che hai lasciato al Festival di Sanremo del 1985 non esiste più… cosa c’è ora al suo posto? Lo chiedo a te che hai occhi ed esperienza per poterlo raccontare…
Vorrei poter dire che cose nuove hanno preso il posto di quelle vecchie ma non è così. Per me, che sono culturalmente, ideologicamente, appassionatamente figlia degli anni ’70, mi sembra che ci sia stata un’involuzione a dir poco angosciante e questo processo a ritroso è iniziato proprio in quegli anni.
Il suono di Silvia Conti: gioca con il pop commerciale ma guarda al mondo attorno oltre i confini o sbaglio?
Credo (spero) che ascoltando il disco sia evidente che non sono una grande fruitrice della musica italiana. Sono cresciuta con i Beatles, Bob Dylan, le mie radici sono tutte lì, è naturale per me guardare verso quella parte del mondo.
E la scrittura invece? Che cosa pensi sia cambiato nel tuo modo di fare musica?
È cambiato tutto per me nel momento in cui ho deciso di scrivere. Il ruolo di interprete mi stava stretto, iniziare a scrivere è stata una delle cose più belle che abbia mai fatto.
Per chiudere vorrei citare questo disco anche da un punto di vista estetico perché è bellissimo. Quanti colori… e quanti piedi nudi…
Vero? Lo penso anch’io e ti ringrazio per avermelo detto. La parte grafica per me è stata importante quanto il contenuto e ci tengo a precisare che è mia. L’ho già detto mille volte ma non mi stancherò mai di ripeterlo: volevo un disco che fosse un vero e proprio ritratto di me stessa, che chi lo avesse in mano sentisse che lì dentro io ci ci sono tutta, dai piedi ai capelli. Non dobbiamo avere paura di metterci a nudo, è qualcosa che ci può far sentire bene.
Ma non mettiamoci sempre la faccia, mettiamoci i piedi!
Paolo Tocco