Intervista a Nevica Su Quattropuntozero – I Diari Miserabili Di Samuel Geremia Hogan
Gianluca Lo Presti aka Nevica su 4.0, polistrumentista, autore e tecnico del suono uscirà tra pochi giorni con un nuovo disco “I DIARI MISERABILI DI SAMUEL GEREMIA HOOGAN” (DiscoDada 2013) autoprodotto tramite la sua label e distributo da Audioglobe; lo incontriamo in un caffè di un piccola strada di Bologna centro.
Nevica, da dove nasce l’idea di questo album?
Questo disco è una monografia di un personaggio inventato ed autobiografico che vive un periodo difficile come i miei ultimi 4 anni, mesi tormentati dai quali sono uscito con serenità ed una rinnovata energia vitale, e prende vita dall’esigenza di buttare fuori questi vissuti per esorcizzarli e continuare a crescere. Il personaggio Geremia è un uomo molto sensibile che abbandona famiglia e figlie in Scozia e si trasferisce a Bologna dove un amico lo aiuta ad inserirsi ed a costruirsi una nuova vita. A questa idea di fondo si sono poi accostate varie divagazioni che hanno trasformato l’album da una monografia ad un disco con diverse sfaccettature tutte però orbitanti attorno all’asse ricerca di se stesso/catarsi.
Non è il primo disco sotto il moniker Nevica su 4.0…
Il primo disco è del 2010 [Lineare (DiscoDada 2010)] con un piccolo prologo nel 2007 quando uscì, a mio nome, un album dal titolo Nevica su 4.0. A dire il vero, proprio nel 2007 ho resettato la mia vita artistica e privata iniziando un nuovo percorso con un nome dietro al quale si potesse nascondere un personaggio…anche per attirare l’attenzione. Molti mi domandano da dove derivi il moniker: da un verso è composto dal diminutivo del nome della mia primogenita, a cui è dedicato il disco del 2007, dall’altro vuole ispirarsi al candore e alla trasparenza della neve. 4.0 si riferisce, invece, ai miei primo 40 anni scoccati proprio in quell’anno.
Recentemente ho molto apprezzato il tuo EP Lanide (DiscoDada (2012)) in cui improvvisi ed imbastisci sonorità noise-electro con diffuse sfumature ambientali, c’è qualcosa del progetto Nevica Noise nell’album?
Il disco è un album di canzoni con una scrittura tale da esaltare il testo e la storia, solo alcuni elementi noise sono contenuti nel lavoro, anche se forse sono caratterizzanti. E’ un disco cantautorale, è dark-wave, ma comunque contiene canzoni che devono raccontare una storia prima di tutto.
Mi ha molto colpito la cover dove tu sei rappresentato a capo semi chino con le mani sulla testa, raccontaci la sua storia.
Non doveva essere la copertina ma una foto interna…in effetti coglie lo spirito del disco, disperazione e riflessione, solitudine…mi ci identifico…è come vorrei mi vedessero da fuori. Una grazie a Mascia Leoci, una bravissima fotografa di Bologna.
Come promuoverai questo tuo lavoro?
Dovrebbe uscire il video di Promiscuità, Sfera Cubica seguirà la promozione. Il tour in primavera. Saremo in due sul palco e cercherò di mantenere le sonorità del disco. Ci sto lavorando, per ora non aggiungo altro.
E come iscrivi il disco nello scenario della musica italiana emergente?
In primo luogo, è pienamente e completamente indie come la mia etichetta Disco Dada; poi l’ampio utilizzo di sonorità elettroniche lo rende un prodotto artistico non standard, dato che in Italia pochi utilizzano suggestioni così electro nella dark-wave. Non so come sarà accolto…la concezione di indie-rock dominante nel nostro paese è un’altra; ciò può essere uno svantaggio, puoi non essere capito, ma al tempo stesso non sei collocabile e questo ti offre la possibilità di sperimentare. Qui tento di aggiornare gli stilemi della dark-wave con inserti elettro e noise e pongo al centro della melodia il basso, altra cosa piuttosto insolita.
Ti sei avvalso di collaborazioni?
Pochi ospiti e tutti scelti per amicizia. Bruno Dorella, batterista dei Bachi da Pietra, Umberto Palazzo, che suonano assieme in La Tossicità della Fisicità, Lorenzo Montana che mi ha supportato nella lavorazione dell’album nei momenti di difficoltà, Giuseppe Lo Bue chitarrista dei Caron Dimonio e Francesco Cellini che è stato il primo violoncellista degli Afterhour.
Come hai trattato il violoncello in fase di pre-produzione, uno strumento piuttosto insolito nella scena wave?
Come tutto il resto…senza regole. Nella traccia 4, Borderline, il violoncello sostituisce il basso e si inzuppa di elettronica lo-fi.
Un termine per definire il disco?
Devastante, che per me vuol dire che non può passare inosservato: puoi amare od odiare Geremia, ma non ne puoi rimanere indifferente.
Un aggettivo che invece non vorresti mai veder associato all’album?
Pop. Anche se ne ho scritto brani pop nella mia vita questo è puro antipop.
Diego Lanzi