#iolavoroconlamusica. Buongiorno, meglio tardi che mai.

Da qualche giorno stiamo assistendo ad una iniziativa sui social in cui molti lavoratori della musica si fotografano per sensibilizzare alla discussione parlamentare per maggiori tutele per chi lavora nel settore della cultura: #iolavoroconlamusica.
Io ho deciso di non farmi selfie con un semplice foglietto dove scrivo cosa “con della musica” e “non per la musica” perchè che mi chiedo da alcuni mesi dove erano tutti quando, lavorando con la musica, ci si accorgeva che mancavano le tutele basi per tutti quelli che sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro, combattevano per farsi spazio in questo mondo diventato cinico e dedito al prodotto musicale.
Prodotto o opera e il bollino SIAE
Partiamo dalla distinzione da lavorare “per la musica” e “con la musica”.
Per quanto mi riguarda, se ho voluto fare questo salto nel buio è per un semplice motivo e cioè quello della valorizzazione dell’artista e della sua musica che non è un prodotto ma deve essere visto come un’opera e quindi come patrimonio artistico come citato anche all’articolo 9 della Costituzione della Repubblica italiana.
Da ormai non so più da quanto tempo ho trovato tanti orribili sistemi che nel 2020 sono anacronistici e lasciano sul campo molti soldi che spariscono nel nulla.
La prima questione è quella della vidimazione dei supporti fisici, volgarmente chiamato Bollino SIAE che, nonostante una direttiva europea del 2014, recepita dal Governo italiano nel 2017, obbligava gli Stati membri alla liberalizzazione delle società di collecting e la fine del monopolio: è ancora tutto in ballo e siamo nel 2020!
Non esiste una Partita Iva per la cultura
Parliamo poi di profili fiscali e quindi di partite iva non adatte al nostro settore che è già falcidiato dall’analfabetismo funzionale del popolo italiano che corre dietro ai tormentoni e si è dimenticata qual è la storia della musica italiana e come siamo arrivati ad essere tra i più importanti al mondo in questo settore.
L’unica possibilità che si dà, in base alle norme vigenti, è quella di mettere in piedi associazioni o entrare in cooperative di lavoratori freelance: altra modalità per svilire il lavoro che visto la pressione fiscale inconcepibile per uno dei pochi settori, come quello della cultura, che crea e smuove settori economici anche diversi in cui, ad esempio, per ogni euro speso per un live, vengono messi in movimento quindici euro negli altri settori.
I digital store che sviliscono la musica
Per non parlare poi dei digital store e streaming come Spotify, Itunes, Youtube e tutti gli altri che non solo sviliscono la creatività ma la usano nella più cinica forma merceologica con il solo obiettivo di creare introiti senza alcuna remora etica su quello che succede quando un digital streaming come Spotify diventa l’abitudine degli ascoltatori: ”perchè comprare l’album di tizio quando lo puoi trovare e ascoltare su Spotify?”.
Una semplice domanda come questa genera una sconfitta per la musica in quanto non vengono riconosciuti i giusti introiti derivanti dalla musica per gli autori: 0,001 € per ogni ascolto.
La Comunità europea non ha fatto assolutamente nulla per difendere il sacrosanto diritto alla creatività che si ritrova ad essere un elemento inutile per la popolazione: bene, vorrei dire a quella popolazione che se gli studi e i tanti sacrifici per creare una canzone valgono 0,001 € molto probabilmente non dovrebbero avere neanche diritto al voto.
L’egocentrismo che svilisce il musicista
Tornado a #iolavoroconlamusica, mi farebbe piacere sapere dove erano tutti quando si doveva combattere per una rendicontazione SIAE per gli iscritti in cui difficilmente ci si riusciva a fidare, dove erano gli artisti che si svendevano pur di suonare e fare “quantità” per gli appuntamenti live. Questi sono solo due dei tanti quesiti che doverbbero essere messi su un ipotetico e utopico tavolo dei lavoratori della musica.
Domande che non avranno risposta per il semplice fatto che la maggior parte potrebbe rispondere “Convengo con te ma non posso espormi”.
Bene, ricordate sempre che noi viviamo in un Paese in cui l’omertà ha causato centinaia di morti e quando non ci si batte per i propri diritti si fanno danni irreparabili perché non sarà di certo lo Stato italiano nella sua totale ignoranza per quanto riguarda il comparto musica a salvarvi adesso visto che finora non avete mai rotto le scatole a chi, eletto per guidare il Paese, ha continuato a snobbare uno dei pochi settori, come quello della cultura, che è un vero e proprio asset economico, sociale e culturale.
Il pensiero umano purtroppo è sempre lo stesso, salvare il morto invece di aiutarlo a salvarsi la vita.