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M.A.C.: un disco che dividerà la critica

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Eccovi un esordio che siamo sicuri dividerà critica e pubblico in mille parti tutte diverse tra loro.
Esce “UN PIANETA SU NOVE”, opera prima di Mario Alessandro Camellini in arte M.A.C.
Come lo definirà anche lui nella bellissima intervista che segue: “un disco disturbante”. Un fiume di coscienza a celebrare il dolore della distruzione, anticamera inevitabile per una rivoluzione, concetto caro, concetto prezioso, concetto basilare per affrontare una salvezza. Un ascolto a cui dovrete prestare immensa attenzione.

L’intervista a M.A.C.

Esordio che esce dagli schemi, che anzi li distrugge. Rivoluzione o libertà?
Ricordo Mario Monicelli che prima di togliersi la vita a novantacinque anni, in una intervista andata in onda ad Anno Zero diversi anni fa disse che il nostro Paese per ambire ad uscire dal pantano culturale, economico, sociale e politico di cui è vittima avrebbe avuto bisogno di una Rivoluzione.
Dinamica che mai si è consumata nel paese più bello del mondo. Ma la bellezza non basta. I connotati estetici di un paese non sono sufficienti per cambiarne l’essenza, e liberarlo dal marcio che si annida in esso. Mi avete dato modo con la vostra domanda di ribadire un concetto a me caro. Avete parlato di Rivoluzione e di libertà, ed io ho sfruttato questa contingenza per fare la premessa che ho sempre voluto fare in una intervista! Grazie!
Nel disco è presente una attitudine che strizza l’occhio ad un approccio rivoluzionario alla vita, e al desiderio di libertà. Ma sono solo alcuni elementi che compongono le peculiarità del disco. Più che la Rivoluzione il filo conduttore del mio esordio è la distruzione, che  dovrebbe essere la condizione che anticipa la ricostruzione.  Ma io non parlo di ricostruzione. Solo distruzione, e il dolore che la colora.
Non sono presenti ambizioni reazionarie nei confronti di nessuno. Nessun schema sorregge l’opera. Forse gli distrugge solo perché non gli segue. L’unica struttura che da forma all’album è il mio vissuto.
Figlio in qualche modo di quella canzone (spesso politica anche) dei cantautori degli anni ’70. Tra tutti citerei Lolli con queste canzoni dalla forma priva di strutture riconoscibili e reiterate. Invece MAC come arriva a questa dimensione artistica?
Di certo Lolli come De Andrè fanno parte del mio background musicale, ma non voglio assolutamente che il mio nome sia affiancato a certi artisti. Ho il dovere di non mancare di rispetto, alcuni musicisti che bisogna lasciarli stare. Io credo nei Mostri Sacri, ragion per cui non voglio che nel momento in cui si parla di MAC si parli anche di cantautori intoccabili.
Come lo stesso Claudio Lolli. Mi dispiace ma non sono in grado di decifrare la formula che sta alla base delle mie canzoni. Di certo, la musica che ascolto da quando ho dieci anni, ha avuto un ruolo sulle peculiarità della musica a cui dò vita. Ma null’altro, mi dispiace!
Un disco che sicuramente è permeato dalla negatività. Addirittura leggo dalla tua presskit che hai scelto la parte malvagia di te. Come mai?
L’unica scelta che ho fatto è stata quella di pubblicizzare il mio vissuto interiore. E l’ho fatto col formato canzone.
Abbiamo conosciuto “Livore” e in qualche modo siamo rimasti davvero colpiti dalla crudezza della tua espressione. A chi ascolterà il resto del disco cosa vuoi anticipare?
Nessuna anticipazione. Mi limito a dire che “Un pianeta su Nove” è un disco disturbante.
La location di questo disco è davvero in linea con il brano e con il testo. Dov’è stato girato e com’è nata questa idea?
Il video è stato girato nella casa di campagna di mio padre. Una mattina io, Luca Spaggiari (il mio produttore) e il fotografo\video maker Francesco Boni abbiamo fatto un sopralluogo nella casa citata, e a tutti è sembrata la location ideale per il video di “Livore”.
La redazione di MIE

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