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Recensione: Leo Lazz – Sai chi ti saluta

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Sai chi ti saluta” di Leo Lazz, è un EP molto bello che, ad un primo ascolto, si presenta davvero molto orecchiabile per via di quella musicalità allegra, ritmata ma anche gentile allo stesso tempo, e che abbraccia diversi stili. Successivamente, dopo un ascolto un po’ più attento, questo EP offre anche interessanti spunti di riflessione. Il tema principale riguarda i problemi e le difficoltà che ogni giorno si affrontano nel quotidiano, ma anche la fine di una storia, e l’autore ne racconta gli sviluppi mediante una serie di figure retoriche.
Nel primo brano, intitolato “Veronica“, si nota la delusione per questa società in cui sembra non ci sia più spazio per i giovani, a cui è stato sottratto il futuro, “Avevamo le chiavi ma qualcuno le ha nascoste, ci han fregato anche le porte”. Il brano però poi termina con la frase che rappresenta un po’ tutto l’album, “Lo sai chi ti saluta?” ripetuto come a sdrammatizzare e a prenderla con più leggerezza, senza fare drammi.

Il secondo pezzo, “Il maestrale“, è più malinconico. La figura retorica è quella del vento, il quale è molto forte da poter guidare chi lo sfrutta per navigare, ma diventa un incubo per chi ha la pretesa di volerlo affrontare. Come quando si prende atto del fatto che se due persone sono agli antipodi, è inutile che stiano insieme, per cui è meglio ricominciare, ciascuno seguendo la propria indole, lasciandosi guidare dal proprio “maestrale”, che rappresenta “il vento giusto per non tornare“. Del resto, “La vita è navigare a vista e stare attenti a come il mare gira“. Il brano inizia solo al pianoforte, per poi liberarsi, come la nave che apre le vele per seguire il vento.

Ultimo tango” parla di un lui e una lei che devono lasciarsi perché sta calando quel “buio” che, “come fango sul giorno“, interrompe la loro storia. Quindi ballano un ultimo tango, durante il quale lui vorrebbe fermare il tempo. Sarà l’ultimo ballo con il quale saluteranno la propria ingenuità per aver creduto che quella storia potesse durare in eterno, ma che invece non dura perché “troppe parole si sciolgono al sole quando poi non c’è niente da dire” e “quando poi basterebbe ballare“. La figura retorica del tango come ultimo ballo si riferisce probabilmente all’ultima volta in cui i due fanno l’amore prima di lasciarsi.
La canzone alterna le strofe cantate in modalità tango, molto belle, per poi esplodere nel ritornello in tutta la sua energia.

Francoforte è una canzone in cui il protagonista, rimasto solo dopo una batosta e la conseguente sbronza, decide di andare via e prende “un volo per Francoforte“. Ma quella non è la sua città e lui ci sta troppo male lì al freddo e con “il caffè che non è nemmeno decente“, quindi decide di fare ritorno a casa, pur sapendo che il freddo arriverà anche sulla sua città.
Il viaggio a Francoforte e il successivo ritorno possono essere visti come un lasciarsi dopo un litigio per poi cercare di tornare ancora insieme, nonostante la chiara e inequivocabile differenza tra i due che li porta a litigare, e quindi porta “il freddo”.
A tratti la musicalità del brano evoca quello stile che ritrovavo nei pezzi di Curreri e Dalla, ma anche di Sergio Caputo.
L’ultimo brano, “Non è ancora finita“, è un pezzo molto soft dal punto di vista musicale, solo voce e pianoforte, in cui, dopo la bufera della separazione, si percepisce che nonostante tutto, il fuoco arde ancora e “la magia non è ancora finita“. I due protagonisti non sanno stare lontani l’uno dall’altra e continueranno a “ballare anche sotto le bombe delle guerre virtuali” perché, come canta l’autore, “siamo ancora vivi e abbiamo ancora da fare“.

di Francesco Ricci
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