Recensione: Noir & The Dirty Crayons – Paratechnicolor
Wow! Amanti del punk tirate fuori dall’armadio il vecchio “chiodo” e gli anfibi, perché se in inglese questo termine letteralmente significa di scarsa qualità, in questo caso è sinonimo di prima scelta! Punk innovativo, adattatosi al sound del nuovo millennio. Dopo l’ascolto dell’intero album si è confusi, da una parte si vorrebbero spolverare i vecchi solo per poter urlare in strada “PUNK IS NOT DEAD’’, dall’altra è forte la voglia di ballare musica elettronica. Ma già sapevamo dell’efficacia del connubio tra i poli opposti: i Korn con Skrillex e Linkin Park tramite il featuring con Steve Aoki, poichè ci hanno dimostrato che l’unione di generi diversi crea sempre qualcosa di unico e fantastico per sorprendere positivamente anche i più scettici.
Ecco, i Noir & The Dirty Crayons hanno fatto questo. Unito la vecchia scuola ad una ventata di freschezza pazzesca. Ciò che si percepisce è che i componenti della band sanno esattamente quello che stanno facendo: sanno suonare, comporre, appassionano il fan dall’inizio alla fine. Non annoiano l’ascoltatore anzi, lo sorprendono con un lavoro fresco, ballabile e soprattutto contemporaneo. Fortemente emerge l’esperienza di Noir, al secolo Maurizio Griglio, sia come cantante che come chitarrista, e non solo. La band è indubbiamente composta da elementi con i “controattributi’’. Cosa più importante, se non di fondamentale importanza, arrivano all’ascoltatore.
Non causerebbe nessun stupore se domani dovessero passare alla radio nazionale, possono accontentare tutte le età. Sono punk, pop, elettronici e ricercati, quindi sì, anche lievemente hipster.
Un album da possedere.
Paratechnicolor è indubbiamente un album da possedere, da poter godere, usurare e finire. Connubio perfetto tra il punk anni ’80 e l’ondata elettronica degli ultimi anni con richiami davvero pazzeschi. Psichedelici. I testi finalmente spaziano e non sono monotematici: nessun amore perduto, nessun accenno a come si viva male post-rottura, parlano semplicemente di come si viva male.
La prima traccia, la title-track Paratechnicolor, ad un primo ascolto richiama fortemente i Baustelle; anche se provenienti da un contesto diverso, i due gruppi hanno sicuramente molto in comune, grazie alla produzione di un fantastico rock alternativo. Non solo, emerge anche all’interno di Divano revolution un leggero e delicato richiamo al colosso chiamato Vasco di Rewind, capolavoro. E indubbiamente in alcune tracce come in Autodafè è presente un richiamo fortissimo al rock psichedelico degli MGMT, mentre Fuck!, pezzo assolutamente attuale, risulta quasi una denuncia sociale. Non spoilero, il lettore deve godersi pezzo per pezzo e trarne lui le proprie conclusioni.
Ecco, cosa fondamentale per una band di “primo pelo’’, in questo caso di primo album, visto che gli artisti (sì perché così solo possono essere chiamati) preesistevano singolarmente, è il saper trarre il meglio dalle varie esperienze e singole influenze per sintetizzarle in un lavoro così; per ricavarne qualcosa di innovativo, orecchiabile, ballabile e meditativo in un certo qual senso.
Sentiremo ancora parlare di loro, li sentiremo ancora suonare e li balleremo ancora di più,
perché da una band così ci si aspetta grandi cose.
Voto? 8 pieno, hanno aperto un varco temporale e sono atterrata negli anni ’80.
Lo consiglio? Consiglio di comprarne almeno due copie, una andrà sicuramente disintegrata viste le volte in cui si ascolterà.
Scaricato e inserito nella playlist? Sacrilegio non farlo.