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Sanremo 2022: ad ognuno il suo.

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Si chiude un’altra edizione di Sanremo, la settantaduesima, la terza con la conduzione e la direzione artistica di Amadeus.

Salvatore Imperio
di Salvatore Imperio

 

Tra vittoria annunciata di Blanco e Mahmood e l’ingiustificato Premio Bardotti (miglior testo) assegnato a Fabrizio Moro devo ahimè ammettere come mai successo che questa edizione si avvicini, e di molto, alla rappresentazione della musica italiana nella realtà.

 

Con la fuoriuscita di un potere discografico forte che ha dominato il Festival negli ultimi anni per far spazio a dinamiche non ancora ben definite, le canzoni presentate in questa edizione hanno rappresentato per un buon 90% quello che è diventata la cifra stilistica (mediocre) e le deviazioni, soprattutto nelle performance vocali, di certi artisti che non si fidano neanche della loro voce e danno spazio l’autotune.

 

Se da una parte Mahmood e Blanco portano a casa la vittoria del Festival, bene ha fatto Amadeus a portare sul palco Giovanni Truppi e La rappresentante di lista: il primo cantautore quasi estremo, la seconda con un pezzo più commerciale che “artistico”.

 

 

 

Quello che resta di questo Sanremo è che forse gran parte del pubblico si è ritrovato davanti ad uno specchio di giudizi e pregiudizi su Gianluca Grignani che dopo anni torna sul palco dell’Ariston e che sveglia la platea e buona parte dei nostri cervelli addormentati da decenni.

La rappresentatività della musica italiana al Festival

Tornando al concetto di rappresentatività della musica italiana al Festival di Sanremo,a cui sono molto legato, qualcuno potrebbe storcere il naso ma dato quello che stiamo vivendo da due anni che ha portato ad una diminuzione traumatica della creatività nella musica, dobbiamo ripensare alla nostra posizione in questa “nuova realtà” della musica italiana e chiederci se dobbiamo ridurci ad ascoltare jingle per le pubblicità o musica.

 

E allora se le istituzioni della musica italiana (Zanicchi, Morandi, Massimo Ranieri) cercano di fare da contrappeso, ognuno a suo modo, alla valanga di “novità” (Aka 7even, Sangiovanni, Rkomi, Yuman, Ana Mena) c’è qualcuno che riesce nella sua coerenza stilistica come Michele Bravi ad andare meglio delle sue partecipazioni passate grazie anche ad un gran testo cofirmato da Cheope.

 

 

 

Sicuro che se non ci fosse stata la pandemia, il brano di Michele Bravi e lo stesso artista sarebbe passati, personalmente, senza lasciare il segno c’è da dire che rispettando i canoni sanremesi è uno dei brani migliori per poetica, ma solo per poetica.

 

Festival dello slot simpatia e del nuovo slot dedicato a Tik Tok 

Nota positiva di questo Sanremo è sicuramente Dargen D’Amico che porta un testo con qualcosa di sensato in una canzone che potrebbe tenere in ostaggio gli ascoltatori delle radio italiane.

Bellissima anche la battaglia psicologica tra il giovanissimo Matteo Romano e tutto il carrozzone del Festival: vorrei vedere ognuno di noi, alla sua età, affrontare il palco di Sanremo, muro di esecuzione preferito degli italiani medi citati da Sabrina Ferilli.

Siamo al cospetto del primo cantautore (così descritto su wikipedia) scelto attraverso Tik Tok; a questo punto non escludo che ci sarà il premio tiktoker dell’anno per gli artisti delle prossime edizioni di Sanremo.

 

A conclusione dell’ennesimo articolo del web riguardante Sanremo, resta grande amarezza per Davide Petrella che non prende nessun premio per “O forse sei tu” di Elisa, “Ogni volta è così” di Emma Marrone, “Miele” di Giusy Ferreri e “Domenica”di Achille Lauro: quattro canzoni di cui solo una (“O forse sei tu” cantata da Elisa) avrebbe potuto seriamente portarsi a casa il Festival.

Altro rammarico è per Giovanni Truppi a cui, almeno il Premio della critica “Mia Martini” (vinto da Massimo Ranieri) avrebbe dato un segno forte per ancorarlo nella musica mainstream dopo un decennio di sacrifici in giro per l’Italia e che, su quel palco, non portava solo il suo essere artista e la sua canzone ma ha rappresentato tutti gli artisti emergenti e indipendenti di quello che chiamano sottobosco nella musica italiana.

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