Un “in-cosciente” viaggio psichedelico: “In a State of Altered Unconsciousness”, album di debutto degli Earthset
Se pensavate che giovane e colto fossero due termini non più in grado di coabitare nella stessa frase è il momento di ricredervi e di ascoltare subito gli Earthset, gruppo indipendente, pronto ad esordire il 26 Ottobre 2015 sul mercato discografico con “In a State of Altered Unconsciousness” per la label Seahorse Recordings e distribuzione affidata ad Audioglobe/The Orchard, un concept album colmo di riferimenti al progressive rock ma con sbavature grunge,
psichedelia e punk rock che donano tensione fisica e voglia di scatenarsi agli ascoltatori delle loro tracce.
“In a State of Altered Unconsciousness” è un ponderato ed ordinato vagabondaggio circolare nei meandri del nostro alternante subconscio, perennemente sballottato tra volontà propria ed altrui. La prima traccia conseguente alla Ouverture è la graffiante Drop, un assaggio dello sviluppo strutturale dell’album che si conclude con Circle Sea, in cui la goccia (drop) confluisce in una nebbiosa “in-coscienza” alterata, accompagnandoci così verso le note finali.
Gli Earthset espongono con coerenza e sapienza la loro idea di fondo per tutto il disco, senza mai esagerare nei toni, bensì nutrendo il loro ascoltatore con testi che, come vuole la migliore tradizione del progressive rock, sono dotati di uno spessore culturale che abbraccia diverse discipline (psicanalisi, sociologia, teorie economiche, letteratura).
La loro è un’armonia dissonante che ti cattura dalla prima all’ultima traccia, dalla più breve alla più lunga (vi sono tracce che sorpassano i dieci minuti come Skizofonìa, A.S.T.R.A.Y e Circle Sea) e ti catapulta in uno stato d’animo di continua aspettativa e voracità uditiva.
L’approccio sperimentale e consapevole degli Earthset permette loro di intavolare un esordio convincente, sia dal punto di vista vocale, in quanto la voce del cantante si sposa perfettamente con la lingua inglese, che da quello prettamente melodico nel quale tratti stilistici contrastanti si mescolano in modo interessante e inaspettato. E’ questo il caso di Epiphany, in cui l’inatteso cambio di passo della traccia (caratteristica del progressive rock) sfocia in un finale punk rock in cui alla chitarra classica dell’inizio si sostituisce l’ignorante distorsione di quella elettrica.
“In a State of Altered Unconsciousness” è un lavoro nel quale si riconoscono chiaramente il valore che la band attribuisce all’esperienza artistica e alla cultura generale, due fidate compagne che difficilmente tradiscono nei progetti a lungo termine.
la redazione di MIE – Musica Italiana Emergente