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Musica Italiana Emergente

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I Blastema ritornano con una grande convinzione: "Comprensione e apprezzamento sono sicuramente importanti, ma difficilmente si può giungere all’una o all’altro se non si è soddisfatti in prima persona del lavoro svolto"

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Il progetto Blastema è attivo sulla scena indipendente italiana dal 1997, nasce tra i banchi di una scuola superiore di Forlì ed attualmente conta tra i propri membri Matteo Casadei, Alberto Nanni, Michele Gavelli ,Luca Marchi e Maicol Morgotti. Tanta è la strada fatta fino ad oggi e tanti sono i palchi prestigiosi che questi ragazzi hanno calpestato (l’Heineken Jammin’ Festival, l’Arezzo Wave, il Concertone romano del primo maggio e nel 2013 anche il palco del teatro Ariston di Sanremo Giovani, tanto per citarne alcuni). La discografia dei Blastema conta ad oggi due EP registrati nel 2003 e nel 2007 e due album (Pensieri Illuminati del 2010 e Lo stato in cui sono stato nel 2012), con un terzo album che uscirà a breve e del quale abbiamo già potuto ascoltare il primo singolo estratto “I morti”.

Ciao ragazzi, innanzitutto grazie per aver accettato la nostra intervista.
Grazie a te e a tutta la redazione di MIE

Iniziamo proprio dal principio, dal “come tutto ebbe inizio”. Che ci raccontate di quei giorni nei quali è nato tutto? E da dove nasce il vostro nome?
Il progetto Blastema nasce dalla grande amicizia tra me(Matteo) e Alberto, che risale ai tempi delle scuole superiori. Entrambi abbiamo iniziato a suonare nello stesso periodo e, da cosa nasce cosa, abbiamo messo in piedi la nostra prima band: i Blastema. Nessuno a quei tempi avrebbe mai sospettato che il progetto si sarebbe rivelato così longevo. Per quel che riguarda il nome, beh, lo abbiamo trovato sfogliando un vocabolario. Eravamo alla ricerca di un nome che avesse una sonorità androgina, che ricordasse band che all’epoca (e non solo) amavamo particolarmente, come Marlene e Nirvana, e quando l’occhio ci è caduto su Blastema siamo stati subito attirati da questo suono, apparentemente oscuro, che in realtà nasconde un significato tanto semplice quanto rinfrancante. Per la cronaca significa “germoglio”.

Com’è il vostro rapporto col panorama musicale italiano? Comunque voi amate cantare in italiano e lo fate in un modo “particolare”, con stile, sonorità e parole diverse da quelle tipiche della musica che va per la maggiore nelle nostre classifiche. Vi sentite comunque compresi dal nostro pubblico o a volte avete paura di non essere apprezzati?
Stimiamo e apprezziamo tanti artisti italiani, anche se la maggior parte delle band con cui siamo cresciuti musicalmente è di matrice anglosassone. Nonostante questo, quando uscì Catartica dei Marlene Kuntz, vent’anni or sono, fummo letteralmente folgorati dalla capacità immaginifica e dalla ricercatezza linguisticadei testi di Godano, cosa che ci fece gridare: “si può fare!”. Scrivere in italiano quando si produce un pezzo dalle sonorità smaccatamente internazionali è sicuramente più complesso, per via delle sonorità che le parole italiane presentano. Quando però si riesce in questo difficile esercizio, il potenziale espressivo del brano aumenta esponenzialmente e con esso la nostra soddisfazione. Comprensione e apprezzamento sono sicuramente importanti, ma difficilmente si può giungere all’una o all’altro se non si è soddisfatti in prima persona del lavoro svolto. Questa è la prima e più importante regola da seguire se si vuole fare al meglio un lavoro creativo: soddisfare prima sé stessi.

Leggendo un po’ la “storia della vostra carriera”, balzano subito agli occhi le due esperienze “internazionali” con i Beady Eye e con gli Skunk Anansie. Cosa avete provato ad aprire il concerto di due gruppi così importanti ed influenti sulla scena mondiale?
Non c’è dubbio che nell’aver fatto questo tipo di esperienze ci siamo arricchiti molto. Soprattutto per quanto riguarda i concerti con gli Skunk, ai quali abbiamo fatto da support band per l’intero tour italiano, ci è stata data la grande opportunità di entrare nel meccanismo produttivo di un world tour, di scoprirne i retroscena e le tempistiche, nonché di entrare in confidenza con la grande umanità e professionalità di musicisti eccellenti quali sono gli Skunk. Se a questo si aggiunge che tra noi e loro si è anche instaurato un sincero e amichevole rapporto di stima reciproca, direi che il quadro finale si presenta esaltante.

Nel 2010 il vostro tour ha fatto tappa al Woodstock 5 stelle organizzato il 26 settembre 2010 a Cesena dal blog di Beppe Grillo. Ora, senza fare troppa politica, se vi va vorrei una piccola battuta su questa sorta di “rivolta” nata prettamente dal web che sta influenzando molto la vita politica del nostro paese.
Abbiamo preso parte a quella manifestazione perché crediamo fermamente nel valore dell’incontro e della politica come strumento sociale di espressione e realizzazione della volontà dei cittadini. Quando la classe politica non è più espressione della democrazia rappresentativa, ma diviene solamente un insieme di lobby che attraverso meccanismi di palazzo rafforza le posizioni personali e i privilegi di alcuni, c’è bisogno sicuramente di un nuovo soggetto che ristabilisca gli equilibri adulterati. La rete, intesa come piattaforma democratica di incontro e dialogo tra cittadini è il campo ideale in cui formare e far crescere questo nuovo soggetto. Resta però da mettersi d’accordo sul merito di come questo soggetto debba agire e quali siano le correnti culturali che lo compongono; crediamo che il risentimento contro la “vecchia” politica possa essere uno dei motivi e non l’unica motivazione per cui sentirsi parte di un movimento. Occorre una definizione programmatica su chi si è, cosa si vuole fare e come lo si vuole fare. Solo allora si diventa soggetti politici.

Nel 2013 è arrivata anche l’occasione di Sanremo Giovani. Com’è stato portare il vostro brano “Dietro l’intima ragione” sul palco di una manifestazione che ogni hanno attira su di sé migliaia di polemiche, ma anche migliaia di ascoltatori? Molto più schiettamente, dal punto di vista delle vendite e della vostra visibilità, quest’evento quanto vi ha giovato?
Suonare a Sanremo è sicuramente un’esperienza poderosa dal punto di vista delle emozioni, anche se la nota dominante è sempre la paura, il disagio di sentirsi fuori luogo in uno spettacolo più imperniato sul varietà che sulla musica. Nonostante questo è innegabile che per noi Sanremo sia stato fondamentale dal punto di vista professionale, non tanto per i dischi venduti, quanto per aver creato i presupposti per il nostro salto di qualità.

Nei primi mesi del 2014 si è interrotta la vostra collaborazione con la storica etichetta fondata da Fabrizio De Andrè, la “Nuvole production”, ed è iniziata una nuova avventura con la “International Music and Arts” che conta tra le sue punte di diamante il maestro Battiato. Com’è stato collaborare con Dori Ghezzi, Luvi De Andrè e la loro etichetta prima, e ripartire ora con questo nuovo e affascinante progetto?
Lavorare con Dori e Luvi è stato molto appagante e decisivo per la nostra crescita artistica, professionale e umana. Per questo non smetteremo mai di ringraziarle e di riservare loro tanta stima e affetto. Ci sono periodi, però, in cui torna a farsi pressante l’esigenza di un percorso differente, che magari offra meno garanzie, ma che serva a ritrovare le energie e gli stimoli smarriti lungo la strada. In questo contesto è iniziata la nostra collaborazione con IMARTS e ne siamo entusiasti.
Nel video di “Tira fuori le spine” del 2012 hanno collaborato con voi i ragazzi della ECASS SOC. COOP. SOCIALE ONLUS, una bellissima esperienza che sicuramente vi avrà dato molto. Cosa vi ha colpito di più di quei giorni e di quei ragazzi?
In effetti fu un’esperienza incredibile; la cosa che più ci lasciò esterrefatti fu la semplicità e l’entusiasmo con cui i ragazzi ci accolsero infrangendo nel giro di pochi istanti la distanza tra persone che non si conoscono. La loro spontaneità, i loro sorrisi, la loro innocenza presero il sopravvento sulla situazione, creando un momento armonico talmente naturale da sembrare sovrannaturale. Indimenticabile.

Veniamo ora al futuro immediato. Nella primavera del 2015 arriva il vostro terzo album ed intanto il pubblico ha potuto metter mano, anzi orecchio, sul primo singolo estratto dal titolo “I Morti”. Ora attendiamo con ansia altri singoli e maggiori novità sull’album, oltre alle date del tour che pian piano stanno uscendo fuori sulle vostre pagine social e sul vostro sito ufficiale. Ce la date qualche altra notizia? =)
Beh, quale migliore indiscrezione che ascoltare alcuni brani del nuovo album direttamente ai nostri concerti. Seguiteci e giudicherete voi stessi.

Va bene, accolgo il vostro invito e vi ringrazio ancora per la disponibilità. Ora regalateci un saluto per i lettori di “MIE – Musica Italiana Emergente” dicendoci cosa suggerireste a chi ha intrapreso da poco il proprio cammino artistico nella musica.
Non scoraggiatevi, suonate perché vi piace, perché vi diverte, perché suonare vi fa migliori. E se un giorno non ne avrete più voglia, fate la cosa giusta: smettete e fate altro! Ciao MIE!

 

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